LXIV/2013

Marziano e Innocenzo. Tortona paleocristiana tra Storia e Tradizione. Immagini di una mostra.

Inaugurata a Palazzo Guidobono il 15 marzo 2013, la mostra «Marziano e Innocenzo. Tortona paleocristiana tra Storia e Tradizione» ha ottenuto un lusinghiero successo di pubblico accogliendo, fino alla chiusura, avvenuta i l 15 giugno successivo, circa 3.000 visitatori.

La mostra, realizzata con lodevole spirito didattico, è stata articolata su due piani: nelle sale del piano terra erano esposti marmi, dipinti, argenti, sculture lignee e due grandi antifonari del Trecento, mentre nelle suggestive sale sotterranee lapidi, lucerne e monete, permettevano al visitatore di compiere un balzo temporale di molti secoli, testimoniando quanto sia antica la presenza del Cristianesimo a Tortona.

 

Cammarata Italo, Il Vescovo del Duca. Giacomo Botta fu una creatura di Ludovico il Moro, pp. 17-36

Il Vescovo Giacomo Botta fu un “raccomandato” del Duca di Milano Ludovico il Moro. Il padre del Botta era originario di Tortona ed alto funzionario dell’amministrazione  milanese. Su interessamento pressante del Duca Galeazzo che si rivolge direttamente al Papa e che chiarisce bene quali siano le sue intenzioni in una lettera agli ambasciatori, nel 1476 Il Botta viene creato Vescovo di Tortona in sostituzione di Maurizio Marliani trasferito, nell’occasione, a Piacenza. Il Lavoro di Italo Cammarata ripercorre la carriera del Vescovo, vero uomo di fiducia del Ducato di Milano.

Alexander John, The Inventory of Gian Paolo Della Chiesa’s Wordly Goods, pp.37-50

Questo articolo propone l’inventario dei beni che il cardinale tortonese, Gian Paolo Della Chiesa, ha lasciato in deposito presso il convento agostiniano della SS.ma Annunziata come fonte di informazione sul suo stato finanziario, e sulla sua famiglia. L’inventario (trascritto nell’atto notarile di 14 luglio 1575, dal notaio tortonese Gian Agostino Ribrocchi; doc. 1 nell’appendice del articolo) elenca suppellettili di lusso, incluse tovaglie e tovaglioli, argenterie da tavola, panni d’arredamento per camere, abiti cardinalizi e l’anello del card. Della Chiesa. Mentre suggerisce una ricchezza strepitosa, l’atto notarile dimostra che il cardinale era fortemente indebitato nei confronti della fabbrica della cattedrale nuova di Tortona, di cui era il mecenate principale e della quale gestiva i fondi destinati alla sua realizzazione. Fra le persone interessate nelle vicende e imparentate col cardinale si trovano le sue sorelle (Suor Paola e Suor Giulia, ambedue monache nel convento dell’Annunziata). I suoi eredi (cioè coloro che erano incaricati di onorare i debiti del cardinale) erano sua figlia, Bartolomea Della Chiesa (figlia legittima dalla moglie defunta. Angela Balbi) e il marito Ludovico Visconti, conte di Massino. In minor misura erano coinvolti anche sua figlia naturale. Laura Della Chiesa, e suo marito, Ludovico Pallavicino, pavese. Questi dettagli forniscono notizie preziose per conoscere meglio il card. Della Chiesa e il suo mecenatismo.

Decarlini Giuseppe, Vicari Generali e Capitolari della Diocesi di Tortona tra Cinquecento e Settecento, pp.51-98

L’Autore, dopo aver tratteggiato le biografie dei Vicari generali dell’Ottocento (Vicari Generali della Diocesi di Tortona nell’Ottocento in “Iulia Dertona” f. 99/2009, pp.119-158)  presenta le schede biografiche di alcuni Vicari generali e capitolari dei secoli XVI-XVIII.

Pilotti Ottavio, Ad ognuno sia manifesto: il testamento pubblico  del notaio Giulio Domenico Calvi di Sant’Agata (1795), pp. 99-112

L’articolo prende spunto dalle due libri di Eraldo Canegallo basati sulla pubblicazione di antichi atti notarili. I notai Pugassi di Cuquello e Calvi di Sant’Agata Fossili hanno rogato atti dai contenuti più diversi che, comunque forniscono un’ampia immagine della Società del tempo. Ottavio Pilotti prende in esame il testamento redatto dal notaio Francesco Pugassi per raccogliere le ultime volontà del collega Giulio Domenico Calvi, L’autore sottolinea in maniera efficace, anche sotto il profilo tecnico/giuridico, oltre che umano ed affettivo quanto disposto dal testatore preoccupato, oltre che di assicurare  l’avvenire della propria numerosa famiglia, anche di manifestare pubblicamente la propria fede  raccomandando la propria anima “all’Onnipotente Signore Iddio, alla Beatissima sempre Vergine Maria, al suo Sant’Angelo Custode, ed a tutta la Corte Ecclesiale”.

 

Miotti Fausto, La difesa di uno status: il patriziato tortonese durante la Restaurazione (1814-1840), pp. 113-128

Nell’aprile 1814, con il ritorno dei Savoia a Torino, ha termine il periodo francese-napoleonico ed inizia la Restaurazione (1814-1840). Il 21 maggio dello stesso anno il Re Vittorio Emanuele I di Sardegna emana un editto che ripristina le norme e le istituzioni in vigore prima dell’occupazione francese. Per quanto riguarda Tortona, il 23 giugno fu ricostituita l’Amministrazione Civica che prevedeva (in base ad una regia patente emanata il 23 aprile 1776) il particolarismo di un consiglio diviso in due classi, ciascuna di cinque consiglieri, la prima composta da membri del corpo decurionale (i nobili) e la seconda dai cittadini “più reputati e dai negozianti più facoltosi” (i borghesi. Vi erano pure due sindaci uno di prima ed uno di seconda classe.

Il ritorno in vigore dei vecchi regolamenti poneva in evidenza quanto questi fossero superati dal nuovo ordine sociale consolidatosi nel periodo francese.

Su questi presupposti nascono una serie di difficoltà nella gestione della pubblica amministrazione (anche per la penuria di soggetti idonei a ricoprire la carica di consigliere di prima classe) ed una strenua difesa del mantenimento del proprio status sociale da parte del ceto nobiliare.

Contrasti e difficoltà si protrassero fino al 1840, quando con regia patenete 5 settembre 1840 fu abrogata la regia patente 23 aprile 1776 per far fronte in modo definitivo “al diminuito numero delle persone componenti il corpo decurionale di Tortona” I vecchi regolamenti dell’antico regime furono definitivamente abrogati con editto del 27 novembre 1847 che regolò l’amministrazione dei comuni e delle province  del Regno di Sardegna introducendo definitivamente  l’uniformità delle amministrazioni locali sulla scia di quanto era avvenuto nel periodo napoleonico. Nel 1848 il consiglio comunale divenne un organo collegiale di natura elettiva, mentre il sindaco, organo monocratico, era di designazione statale e, similmente alla normativa  francese, gli veniva attribuita la figura di vertice dell’amministrazione comunale e di ufficiale di governo.

 

Moro Vittorio, 1814. La Costituzione Italiana di Giovanni Sovera Latuada, pp. 129-142

Nel 2014 ricorre il bisecolare anniversario del progetto di Costituzione Italiana elaborato dall’avvocato Giovanni Sovera Latuada, esponente della nota famiglia tortonese; famiglia tuttora residente in città. Il progetto era parte integrante e rilevante della congiura militare del 1814 per l’indipendenza italiana, antesignana dei moti carbonari Risorgimentali «primo conato di patriotica ribellione al dominio austriaco»

La memoria relativa al 1814 rinvia alle recenti ricorrenze dell’Unità d’Italia e della correlata vicenda sullo Statuto Albertino  nonché all’attuale perdurante dibattito  sulla Costituzione dello Stato Italiano.

Un Sovera Latuada, appunto Giovanni, è stato protagonista in quell’anno (e non solo), quindi sin dall’inizio del Risorgimento, ai primi dell’Ottocento, che ha portato prima allo Statuto e poi all’Unità dello Stato italiano.

Cortemiglia Giancamillo, Ricostruzione della serie termometrica storica (1816-2012) di Alessandria, pp. 143-176

Con rigore scientifico l’Autore ricostruisce l’attività dei quattro osservatori metereologici operanti in Alessandria in continuità calendariale dal 1816 1l 2012.

Sulla base di queste rilevazioni ricavare i valori giornalieri delle temperature minime e di quelle massime che consentono il tentativo di un accorpamento in un’unica serie termometrica storica con inizio il 1° gennaio 1816  che permette all’autore di giungere a conclusioni a cui possono essere interessati non solo i cultori della materia ma, in un contesto di maggiore divulgazione della medesima ance un più vasto pubblico.

 

Sacchi Luciano, Cronache dell’epidemia di colera del 1836 a Tortona, pp. 177-192

L’argomento dell’articolo riguarda l’epidemia di colera del 1836. Le notizie riferite sono state per buona parte ricavate dal faldone 666 della Serie I: Igiene e Sanità Pubblica conservato nell’Archivio Storico Comunale. I dati raccolti, consentono di ricostruire non solo gli eventi epidemici ma offrono anche interessanti notizie sull’organizzazione che i Comitati di Salute Pubblica mettevano in atto per combattere l’epidemia, in ottemperanza alle leggi al tempo vigenti. Numerosi sono gli scambi epistolari tra chi prestava la propria attività nei Lazzaretti (medici, flebotomi, becchini, ecc.) e le autorità sanitarie comunali. Non mancano notizie curiose sulle merci fornite ai Lazzaretti, sulle retribuzioni degli operatori sanitarie anche su proteste e scioperi. Da alcune suppliche ci si fa anche un’idea delle drammatiche conseguenze sociali dell’epidemia. Infine, è certamente interessante registrare quali fossero le opinioni del tempo sulla genesi del colera e quali provvedimenti venivano presi per combattere il morbo. Tutto questo tenendo conto che in occasione dell’epidemia del 1836 non si conosceva nulla sull’origine microbica della malattia, mentre era opinione diffusa che tutte le epidemie fossero provocate dalle esalazioni miasmatiche.

Rozzo Lelia/Gabba Donatella, Una pregevole testimonianza in cartapesta: la statua dell’Immacolata nella Cattedrale di Tortona, pp. 193- 202

Fino ai lavori di restauro (ottobre-novembre 2008) la statua dell’Immacolata nella Cattedrale di Tortona era conosciuta per motivi di devozione, mentre l’attività di restauro ha permesso di conoscerne anche il valore artistico.

Innanzitutto è stato corretto l’errore di catalogazione della Sovrintendenza (1991) e della CEI /2005) che schedava l’opera come statua lignea. Si è invece accertato che la statua è un notevole lavoro in cartapesta risalente alla seconda metà dell’800 proveniente dall’Emilia, dove nella Settecento si era affermata una forte tradizione di cartapestai. La statua in questione fu commissionata al Sig. Giovanni Collina Graziani di Faenza. Nel 1904 l’opera fu arricchita da una corona d’argento (festeggiamenti organizzati dal Vescovo Bandi in occasione del cinquantenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione).

L’articolo dà anche conto dell’intervento di restauro preceduto da approfondite analisi preliminari di laboratorio tra cui un particolareggiato esame radiografico che ha permesso di evidenziare l’esatta costruzione interna della statua.

In memoriam

Merli Enrico, Carlo Pedenovi (1927-2010), p. 203

Pilotti Ottavio, Adriano Bianchi (1922-2012), pp.204-206