UNA CITTA’ E LA SUA STORIA URBANA – Roberto Cartasegna


La Società Storica Pro lulia Dertona saluta con viva soddisfazione il nuovo lavoro dell’arch. Roberto Cartasegna, che completa una ricerca di lungo periodo sulla storia urbana della nostra città. Se il precedente Tortona – Una città fortificata e di confine (ed. Litocoop -2009) si chiudeva con gli eventi di fine ‘700, l’opera che qui presentiamo giunge al culmine del secolo XX, con l’esame dell’ultimo Piano Regolatore, approvato nel 1995 e già oggetto di importanti varianti.

L’arch. Cartasegna non pratica la prudenza dello storico, che trascura il presente in attesa di archivi che si aprono a notevole distanza di tempo dai fatti, ma scrive con l’attitudine «militante» di persona esperta nella materia urbanistica e portatrice di precise idee in merito.

Così volentieri racconta il passato prossimo ed anche l’altro ieri, forte di una sua posizione di indipendenza intellettuale e pratica rispetto alle forze politiche ed economiche, il che lo ha portato nel tempo a posizioni venate a volte di polemica, ma sempre ispirate ad una difesa del territorio ed al rispetto anche formale delle normative edilizie.

Il racconto delle vicende urbane che qui leggiamo poggia su innumerevoli documenti e studi di altri storici tra cui, noto con piacere, assidui collaboratori e soci della Pro lulia, ed è significativo anche perché riunisce in un quadro d’insieme vicende e note apparse qua e là nella ormai vasta pubblicistica locale: Bonavoglia, Decarlini, Miotti, Cortemiglia, Gianelli, Bergaglio, compaiono più volte nelle note esplicative.

Il tutto corredato da una ricca documentazione iconografica, fra cui alcune rarissime fotografie che mostrano angoli della città ormai alterati senza rimedio: fra esse, la piazzetta del Paradiso, sotto il Convento dei Padri Cappuccini e la perduta Chiesa di San Simone.

Scorrono così gli anni ed i mutamenti urbani, all’inizio del periodo determinati dalla posizione di Tortona, città di confine e già fortificata, probabilmente bellissima nel ‘700, come si evince dal dipinto di La Pegna che la rappresenta nel 1734, con le mura ed il Castello ( riportato in copertina nel precedente volume).

Questo quadro cambia radicalmente a seguito della decisione di Napoleone che nel 1801 ordina la distruzione del Forte. Anche le Mura e le Porte della città poi saranno smantellate, ed a metà Ottocento, nei disegni del Rovere, la collina sventrata mostrerà i ruderi del grande manufatto, una scena di desolazione ben colta dai viaggiatori in transito. Viene spontanea la frase del profeta Geremia citata da Dante nel «Convivio»: «quomodo sedei sola civitas», come è deserta – desolata la città!

Intanto ritornano i Savoia e con essi un’attitudine al progetto, all’abbellimento, che trova il suo culmine urbano nei “Portici vecchi” grande esperimento urbanistico di pianificazione che parte da Piazza Gavino Lugano, ed arriva sino a Via Carducci; per non dire del Foro boario, nell’immagine, sempre regalata dal Rovere, una splendida creazione, inimmaginabile oggi nel disordine edilizio di Piazza Roma.

Nasceranno poi, in omaggio al nuovo stile liberty, i «Portici nuovi»; grazie a cui Tortona avrà una sua «Stoà», come Atene, come Torino, per offrire a tutte le generazioni un luogo d’incontro al riparo dei rigori del clima.

In varie occasioni i governanti locali con sapienti demolizioni riescono a dare un piacevole assetto ad alcuni snodi urbani: nasce nell’attuale forma regolare Piazza Gavino Lugano, si ampliano Piazza Arzano e Piazza Malaspina, sorgono nuovi edifici che abbelliscono il cuore cittadino, in una concezione del fabbricare non puramente speculativa e pian piano si assiste alle mutazioni edilizie che ci portano ai nostri giorni. Intanto vengono elaborati piani e strumenti urbanistici, non sempre centrando le linee del futuro, con errori e sopravalutazioni delle necessità abitative e produttive: un insieme di scelte ed eventi che nel racconto dell’arch. Cartasegna forniscono ampia materia di riflessione.

I l secolo ventesimo ci regala case molto più alte, grazie al cemento armato, con inserimento di condomini di sette piani fuori terra, che, profittando di maglie aperte nella norma urbanistica, salgono come funghi in un tessuto urbano di antica compostezza, con effetti a volte dirompenti e disarmonici; mentre sorgono quartieri satelliti in periferia e si afferma la grande distribuzione che tende a far sparire molte attività di piccolo commercio impoverendo i l centro.

Lo strumento urbanistico del Piano, che richiede il «lange Blick», lo sguardo lungo di cui parlava Adorno, viene adattato alle nuove situazioni con la tecnica delle «varianti», che permettono una maggiore agilità decisionale.

Si giunge così alla fase conclusiva del XX Secolo, dominata dalla logistica, che richiede grandi spazi e molto terreno, e quindi si insedia a Rivalta; scelta sulla quale l’Autore esprime, mi pare, qualche perplessità, ma al sottoscritto sembra quasi imposta dalla posizione di Tortona, nodo stradale delle vie consolari durante l’Impero Romano, ed ora luogo di incrocio di due importanti autostrade.

Queste brevi note rispecchiano alcune suggestioni ricavate da un libro molto interessante, non solo per le valutazioni, ma soprattutto per la massa di notizie e immagini delle nostre vicende urbane; vicende da cui traspare a volte la città sepolta, quella città «profonda» che avrebbe potuto resistere ed è stata invece negata per interessi di parte oper mancanza di immaginazione creatrice.

In una mia Tortona ideale infatti esiste ancora la Chiesa di San Simone, così povera e intima nella settimana Santa; ancora sorride il quartiere del Loreto, demolito per far luogo ad una brutta piazza; e il Padiglione Moresco che si intravede in via Bidone sarebbe circondato da un vasto giardino. Vorrei anche, e l’ho già scritto, che ai passeggeri camminatori della collina, tramite supporti audiovisivi o mezzi informatici, fossa offerta la possibilità di comprendere la maestà del Forte Vittorio nelle parti in cui era composto, prima che il Buonaparte prendesse quella fatale decisione.

Da qui un duplice compito: ricordare e mostrare la «città profonda » e nel contempo, dare il nostro contributo di idee nel costruire i l futuro, ricercando, con Dante (Purgatorio XVI – 93) «della vera cittade almen la torre».

Analoga nostalgia affiora in Roberto Cartasegna, che sogna una città ordinata, concepita da menti illuminate, un luogo non visitato dall’affarismo: quale ci propone, nella elegante planimetria che campeggia in copertina, la tavola di un piano regolatore che non ha mai avuto attuazione.

 

Notaio Ottavio Pilotti

Presidente Società Storica Pro lulia Dertona